ABISSO BUENO FONTENO, LE PICCOLE STORIE DI UN GRANDE INTERVENTO
Alle ore 2:59 del 18 dicembre 2024, dopo 75 ore di attività ininterrotta, i soccorritori hanno raggiunto l'uscita insieme alla barella con la speleologa infortunatasi in un'area esplorativa della grotta Abisso Bueno Fonteno.
Leonardo è medico, con gli infermieri Romeo e Michele è stato per ore al fianco di Ottavia, dopo l'ingresso nell'Abisso Bueno Fonteno come terza squadra sanitaria e tre ore di progressione in grotta. “Ciao Ottavia. Lei mi guarda. Mi riconosci? 'Purtroppo ti riconosco'. Quando abbiamo ricevuto la barella, era stabile, aveva male ed era giù di morale. Quello che potevamo fare noi era gestirne il dolore, parte dovuta ai traumi, parte alla lunga permanenza in barella, farla bere e mangiare qualcosa. E risolvere l'umore, un aspetto più umano, che tecnico”. Ottavia è un'esploratrice esperta e appassionata, conosce benissimo l'abisso: “Farsi di nuovo male? Cose che succedono. Più frequenti un luogo complesso, più sei esposto, è inevitabile. Abbiamo grande stima di lei, sta portando avanti l'attività esplorativa in grotta, che un po' si sta perdendo. Il suo controllo personale è encomiabile”.
In profondità le squadre lavorano 18-20 ore di seguito, talvolta senza una pausa, se non quelle dettate dall'infortunata, che, bloccata nella medesima posizione per lunghi tratti, accusa maggiore dolore soprattutto nelle fasi verticali in discesa, oppure rassicura i suoi trasportatori che possono proseguire nell'avanzata. L'Abisso è spettacolare - cascate, laghetti, saloni, pozzi - si sviluppa probabilmente per oltre tre chilometri (sono stati stesi 4 chilometri di linea telefonica), il primo ramo in discesa, quello da scoprire, dove si è fatta male lei a circa -150 metri, in salita. Alcuni punti stretti già per il passaggio degli speleologi, dove la barella ha un ingombro difficile dal gestire: “Lei conosce così bene la grotta, da indicarci dove stavamo passando e distinguere le sale, pur stando nella barella. Spero che, appena si sarà rimessa nei tempi dovuti dall'infortunio, riprenda a frequentare l'Abisso e continui l'attività esplorativa, senza farsi condizionare. Sarebbe un peccato dover rinunciare alla sua esperienza, come speleologa e come persona”.
In grotta non c'è giorno e non c'è notte, l'orologio è fondamentale a scandire il tempo, altrimenti se ne perderebbe la cognizione. Le operazioni sono complesse, la roccia insidiosa, appoggi stabili apparentemente, vengono via, c'è da “inventare” l'intervento sul posto, trovandosi in luoghi nuovi, senza rilievi e mappature. Antonino e Davide fanno parte della sesta squadra in entrata, la penultima in teoria. Invece fanno in fretta, tengono duro, loro e lei, per uscire il prima possibile, approfittando del lavoro fatto dalla squadra disostruzione nei giorni precedenti, quel poco che basta per smussare i passaggi più ostici, per non dover essere costretti a manovre che acuiscano il dolore di Ottavia. E così nel tratto dove erano passati con una gamba gessata l'anno precedente, nella notte sono sfrecciati in velocità con una barella, animati dalla volontà ferrea di riportare Ottavia in superficie vincendo ogni pronostico. Infatti la settima squadra di recupero non sarà necessaria. “Oltre 150 soccorritori sono accorsi da quasi tutta Italia, affiatati pur provenendo da regioni diverse, grazie all'uniformità tecnica data dalle scuole nazionali”.
Alessandro entra come disostruttore, la barella che porta Ottavia con probabilità traumi a entrambe le gambe, alla testa, al torace, alla schiena, è partita da poco dal luogo dove è caduta e, dove ha ricevuto prima assistenza, dalle scarne informazioni iniziali dovrebbe esserci una strettaia in prossimità: “In realtà, arrivati nella zona di lavoro dopo 4 ore di progressione, ci siamo resi conto che era possibile bypassare il punto critico, attrezzando più in alto: è risultato fondamentale per evitare un paio di giorni di disostruzione. Poiché la squadra di recupero aveva bisogno per superare 50 metri di tratto complesso, ci siamo aggiunti nel trasporto, che lì è durato 4-5 ore. Guadagnata la saletta dove avremmo dovuto fermarci per ricondizionare l'infortunata è arrivato il cambio squadra. Mi piacerebbe tornarci con più calma, è una delle grotte più belle che abbia visto”. Un disostruttore si muove carico di materiale ed è costretto a portare con sé lo stretto necessario, rinunciando a surplus di bevande e cibo: “Ottavia si è dimostrata tenace, ci ha aiutati veramente tanto, soprattutto ad avere pazienza nei tratti complicati: per quanto bravi , il trasporto in barella è oltremodo scomodo per chi è all'interno. La collaborazione tra Delegazioni vicine, che si conoscono e si addestrano assieme, è vincente: in quei momenti, ti capisci con uno sguardo”.
Alan fa parte della prima squadra di recupero: “Questo soccorso, per complessità e lunghezza, è uno dei più impegnativi in assoluto in Italia. Lo spirito collaborativo e umano ci ha fatti muovere da nord a sud. La difficoltà maggiore era legata al fatto che è una grotta appena esplorata, con poche informazioni, con un quadro clinico di rilievo e, all'ingresso, pochissima consapevolezza su quanto ci saremmo trovati ad affrontare. abbiamo con noi anche il sistema di comunicazione Ermes, se i sanitari ne hanno avuto necessità, che permette di portare internet in grotta e la trasmissione di dati con l'esterno”.
La terza squadra entrata lunedì alle 8.30 è composta da liguri, un veronese, un trentino e dai vicentini, tra loro Michela: “Siamo usciti alle 6 di martedì, dopo aver lavorato nella zona in discesa della grotta che si collega al ramo principale. Una serie di pozzi e saltini verticali e tanto trasporto a mano, in tratti in ammollo in acqua. Rivedere Ottavia è stato emozionante, quest'anno abbiamo preso parte assieme a un corso, è un'esploratrice esperta, ha avuto una sfortuna micidiale. Ci siamo guardate e commosse, tra il riso e il pianto, 'Non ti sembra un déjà vu?'. Le ho risposto: forza che adesso andiamo fuori! Stamattina stavo pensando che vorrei tornare al Bueno Fonteno, anche se è distante. Mi piacerebbe ritornarci assieme a lei. Durante il trasporto ci siamo fermati due volte per un'ora e mezza, perché i tratti verticali sono quelli in cui provava più dolore. Poi l'abbiamo affidata ai toscani e ad altri liguri. La volata finale è stata di triestini e veronesi, forti e superveloci, dei portenti: hanno fatto di tutto per farla uscire il prima possibile. Mi è dispiaciuto non essere con lei quando è tornata in superficie”.
Grazie a tutti voi che avete, come sempre, dato il massimo, sia in capacità, che umanità.
Grazie ai nostri speleo veronesi Antonino, Alan, Damiano, Davide, Zeno, Matteo, Andrea, Silvano, Leonardo, Samuele e Fabio; grazie ai nostri speleo vicentini Mario, Alessandro, Giovanni, Mattia, Leonardo, Angela, Giosuè, Simone, Michela, Andrea e Cristiano.
Michela Canova, Addetta Stampa SASV