La salita dell'Eiger
Dal 29 dicembre scorso anche un po’dello spirito del Soccorso alpino Dolomiti Bellunesi anima la cima dell’Eiger, dopo che quattro amici, forti alpinisti, soccorritori da sempre, hanno portato a termine la scalata della parete nord. Con la conquista di un grande sogno vogliamo chiudere il nostro 2016, raccontandovi la loro impresa e augurandovi la stessa tenacia, la fortuna di trovare compagni di cordata cui potervi affidare, la forza e l’impegno per realizzare ogni vostro progetto. Buon 2017!!! Grandissimi Gino, Alex, Christian e Simone!!! E buon compleanno Gino (con un giorno di anticipo)!!!
PARETE NORD: IN QUATTRO SULLA CIMA DELL’EIGER
«Precipita in modo brusco e inaccessibile, riceve e trattiene tutte le perturbazioni che colpiscono la montagna da nord e da nord-ovest, ha un volto cupo e mutevole: ghiaccio, roccia, neve, valanghe, scariche di pietre… È una parete di ghiaccio o di roccia? Non si può rispondere neppure dopo averla studiata palmo a palmo con il cannocchiale, perché cambia volto di giorno in giorno, addirittura di ora in ora. Tutta l’esperienza acquisita su altre montagne qui sembra inutile».
Heinrich Harrer sul suo libro “Parete Nord”
Quando comincia la realizzazione di un sogno? Scalare la parete nord dell’Eiger, 3.970 metri di colosso nell’Oberland Bernese, è nella lista dei desiderata di molti alpinisti, completa la wishing list di quanti aspirano a portare a casa il trittico delle grandi Nord delle Alpi - Cervino, Eiger, Grandes Jorasses – e si presenta come un ‘problema’ da sempre: ultima delle grandi a essere conquistata (nel 1938 dalla cordata composta dai tedeschi Andreas Heckmair e Ludwig Vörg, e dagli austriaci Fritz Kasparek e Heinrich Harrer), imprevedibile, eterna e dura, è stata la prova estrema per decine di rocciatori e rimane uno degli obiettivi più ambiti e sentiti in ambito alpinistico.
Christian ‘Frostian’ Casanova, del Soccorso alpino Della Val Comelico, e Simone ‘Scossa’ Corte Pause, Soccorso alpino di Auronzo, stavano per partire per la Svizzera già lo scorso anno: zaini pronti, ma una nevicata dell’ultimo momento aveva vanificato ogni preparativo. Questo dicembre, l’assenza di neve da noi (Scossa è guida alpina) e qualche giorno libero sono diventati l’occasione migliore per riprovarci. Alla domanda ‘Vieni?’ Gino De Zolt, a lungo capostazione e attualmente vicecapo del Soccorso alpino della Val Comelico, ha immediatamente risposto ‘Sì’ e parlandone subito con Alex Pivirotto - Soccorso alpino di Pieve di Cadore e guida alpina anche lui – al rientro da una riunione dei tecnici di elisoccorso si è formata la seconda cordata. Era lo scorso 19 dicembre. “La Nord dell’Eiger è sicuramente uno di quei sogni che insegui per tanti anni, finché arrivi al punto di pensare di non essere più in grado di farla – ripercorre quella giornata Gino, un migliaio di vie alle spalle – bisogna affrontarla con un bel po’ di esperienza alle spalle, completamente diversa dalle Dolomiti, complessa, con pericoli oggettivi, sempre diversa. Quando Alex mi ha detto di sì, ho pensato: adesso mi tocca farla! Non ho dormito per due giorni!”. La data scelta era il 26, posticipata di un giorno perché Alex era di turno in base a Pieve di Cadore, il 27 alle 15 sono al Rifugio della Kleine Scheidegg, ai piedi della parete che scrutano col binocolo dal famoso punto di osservazione. Due cordate alle prese con la sua roccia lasceranno le tracce utili a raggiungere l’attacco al buio. La partenza è infatti alle 4, il giorno dopo, “Siamo partiti con il buio e saliti fino alle 8 con la frontale – ricorda Christian – abbiamo scalato ininterrottamente, fermandoci poco sotto la Traversata degli dei, a circa 3.400 metri di quota, dove siamo arrivati alle 16 circa. Avremmo potuto continuare per un’altra ora, ma non ci sarebbe stato nessun altro posto per bivaccare”. Non che la piccola cengia abbia permesso grandi comodità: quindici lunghe ore all’interno del saccoapelo indossando due piumini, sdraiati su neve ghiacciata costantemente assicurati su un terrazzino largo 50 centimetri, sferzati da raffiche di vento gelate, a -15 gradi, con il tempo non passa mai, pensi di aver dormito 5 ore e ne è solo passata mezza, un po’ seduti, un po’ sdraiati, la caduta di sassolini, i teli che sbattono. “Come bivaccare su una mensolina – sorride Alex – non potevamo parlare per il vento, sempre raggomitolati. La mattina dopo alle 8 siamo ripartiti e fortunatamente, alle 5, le raffiche erano cessate. Quando abbiamo iniziato a vedere la luce del sole spuntare dalla cima, ho pensato ‘finalmente’. Essere in cordata con persone di cui ti fidi fa passare ogni tensione e progredire tranquillamente’”. La Nord dell’Eiger sono 3 mila metri di sviluppo, i primi 400 slegati fino alla fessura difficile, poi per metà tiri normali alternandosi in apertura (la prima cordata Christian e Simone, la seconda Gino e Alex), e per l’altra metà legati in conserva. La maggior parte delle ascensioni avviene d’estate e il rischio di scariche di sassi per lo scioglimento della neve aumenta, il periodo più congeniale dovrebbe essere febbraio, marzo, con la neve assestata. In questa invernale durante i giorni più corti dell’anno, se da una parte la scarsa copertura ha limitato il timore delle valanghe, dall’altra ha complicato in parte la salita, sempre indossando guanti, piccozza e ramponi, anche sui tiri di roccia di 5°: alternanze imprevedibili di ghiaccio secco, neve e roccia che pretendono un ricco bagaglio di esperienza alpinistica alle spalle, sapersi muovere in qualsiasi terreno. Richiede preparazione, non si può improvvisare. “Una via tra le più impegnative alpinisticamente, ma io e Christian eravamo più tranquilli con Gino e Alex se fosse successo qualcosa – dice Simone – abbiamo studiato tutto a lungo, la parete è enorme, due volte il Civetta. Quello che mi ha colpito di più è stato pensare ai vecchi, a quando hanno aperto la via nel ’38: sono stati degli eroi. Sicuramente hanno pensato che potevano lasciarci la ‘ghirba’, fa paura quando sei su: arrivati a un certo punto, puoi abbandonare le speranze di tornare indietro. Forse in alcuni punti abbiamo deviato dal loro percorso: dove passi d’estate magari oggi scali una goulotte al posto di un diedro”. L’impegno è stato notevole, ma l’affiatamento e la conoscenza reciproca tra i membri delle cordate ha permesso di salire con estrema serenità. Da istruttore, dal loro ingresso nel Soccorso alpino a 18 anni Gino ha seguito Christian, Simone e Alex durante la loro crescita. Con Christian, allora quattordicenne, ancora prima, quando Gino lo ha accompagnato sulla sua prima via sui Cadini di Misurina. “Gino è stato maestro di tutti noi. Ieri quando abbiamo festeggiato il ritorno, è stato lui a congratularsi con noi – sottolinea Simone – bellissimo, da lacrime”.
Poco meno di 10 chili di zaino ognuno, barrette, gel e un paio di litri di acqua e sali minerali di media a testa come energetici, le due cordate chiudono la via e arrivano in vetta alle 13.30 e alle 16.30 sono al Rifugio, in tempo per prendere il trenino. Bravi ragazzi!!!
di Michela Canova