Nel 2015 la Stazione speleo Veneto orientale ha compiuto 40 anni

Giampaolo fu il primo, Tono lo è stato a lungo a partire dall’86, Andrea lo è dal 2012 ad oggi. Tre capistazione della VI Zona speleologica Veneto – Trentino Alto Adige del Cnsas, che si sono ritrovati sabato 20 giugno 2015 assieme a una settantina, tra componenti e amici, a festeggiare i 40 anni dalla fondazione della loro Stazione del Veneto Orientale, tra scambi di ricordi, aneddoti, chiacchierate di vita e passione comune, quelle legate alla speleologia, che hanno accomunato i 173 soccorritori che ne hanno fatto parte dal 1975. In realtà la Stazione delle origini comprendeva solo Padova; poi diventò la Stazione di Padova e Venezia; quindi si aggregò anche Treviso, mentre Belluno faceva Stazione a parte; infine nel 2000 tutte le 4 province confluirono nella definitiva Stazione Veneto Orientale. Prima ancora, furono due eventi luttuosi a spingere verso la costituzione di una Sezione Speleologica all'interno del Soccorso Alpino: l'incidente del '65 che provocò la morte del torinese Eraldo Saracco nella Voragine nuorese di Ispinigoli e, l'anno precedente, la disgrazia avvenuta nella Spluga della Preta, di Sant'Anna d'Alfaedo, Verona, quando perse la vita precipitando nel pozzo di 88 metri Marisa Bolla, moglie del capospedizione Luigi Castellani, grande esploratore che divenne poi il primo delegato della VI zona alla sua istituzione nel 1971.

Sabato 20 giugno sono stati ripercorsi i quattro decenni di storia, attraverso un filmato che ha raccolto le esercitazioni, gli interventi, i verbali delle vecchie riunioni, ma soprattutto grazie ai ricordi diretti dei protagonisti, che hanno riportare al presente gli avvenimenti più remoti, come i più recenti. “Fu Gianfranco Camon in quegli anni Capostazione della Stazione speleo di Verona a contattarci – racconta il primo capostazione Giampaolo Fornara – Verona e Vicenza c'erano già e pensavano a una Stazione a Padova per dare sostegno alle altre due squadre. Fui scelto come capostazione perché cercavano qualcuno riconosciuto istituzionalmente dal Cai. Io avevo alle spalle due corsi roccia, su ghiaccio, ero istruttore così pensarono a me. Fui allievo del primo corso di speleologia organizzato dal gruppo speleologico padovano sotto l'egida della Scuola Nazionale di Speleologia del CAI. Le nuove tecniche iniziavano allora, anche se in grotta ci servivamo sempre delle vecchie: scaete che te zontavi dela lungheza del buso!”. Assieme a Giampaolo ci sono altri 3 soccorritori della prima Stazione, composta da poco meno di dieci unità, che per qualche anno affiancarono i veronesi: Andrea Meneghello, in assoluto uno dei primi 'corteggiatissimi' medici speleo in Italia, Sergio Degli Adalberti e Riccardo Voltan. Una delle peculiarità della Stazione è da sempre la presenza di medici, da Meneghello allora, a Sandro Irsara presente oggi con l'infermiere Paolo Grotto, presidi sanitari per le regioni del nord della penisola.
Senza dimenticare Ugo Vacca che partecipò all'evento di Veliko Sbrego nel 1990, l'incidente in grotta che segnò un prima e dopo epocali nella speleologia italiana. Quello che era iniziato infatti come un impegnativo intervento nel versante sloveno del Canin - recuperare a quota – 1.080 Mario Bianchetti, un giovane speleo cui un sasso aveva schiacciato un braccio – divenne una dolorosa emergenza allorché Massimiliano Puntar, ventiduenne soccorritore triestino, fu colpito alla fronte da una lama di roccia che gli procurò un ematoma fatale a una profondità di 1.040 metri. Michele Campion, che rimase a lungo a fianco del ragazzo negli abissi del VeliKo, ripercorre quei giorni ancora con commozione, da quando il lunedì il Soccorso speleo italiano entrò nella grotta, una delle più profonde al mondo, a quando Massimiliano si spense, il giovedì, senza che si riuscisse a riportarlo all'esterno. Quell'esperienza divenne 'l'incubo Veliko', che portò però i soccorritori a reagire di fronte alla possibilità del ripetersi di una simile sciagura a tali profondità, cercando le soluzioni migliori per gestire questo tipo di emergenza, con personale abituato via via ad operare a quote così notevoli, uniformando tecniche e strumenti, esercitandosi assieme Delegazioni e regioni diverse, con un percorso formativo identico. Capacità acquisite che si sono dimostrate fondamentali nel recupero internazionale in Baviera nel giugno del 2014, in aiuto di Johann Westhauser, lo speleologo di Stoccarda rimasto gravemente ferito per una scarica di sassi lo scorso 8 giugno, ad oltre 900 metri di profondità con una gestione operativa all'interno dell'abisso Riesending-Schachthöhle praticamente a capo del Soccorso speleologico italiano. Per 70 ore, di cui 8 di sonno, tra i 12 soccorritori della VI Zona (sono stati oltre 100 i soccorritori provenienti da tutta Italia), tre erano della Stazione Veneto
Orientale, il capo e il vicecapo, Andrea Pirovano ed Omar Canei, e l'infermiere Paolo Grotto. “Questo lo tiriamo fuori” è stata la volontà ferrea manifestata una volta raggiunto Johann. Paolo Grotto ricorda quelle ore a fianco del ferito che riprendeva col passare del tempo forza e fiducia, dal campo 5 al campo 2: “Riuscire a portarlo fuori è stata una soddisfazione incredibile”. E poi l'aneddoto divertente di loro usciti dalla grotta, accolti dall'equipaggio dell'elicottero tedesco che urlava 'Italiani pastasciutta!!!', trasportando un cestone bianco di pasta: “La più buona mani mangiata”. La Stazione Veneto Orientale, che ha sede a Castelfranco Veneto (con piccolo distaccamento a Feltre) e conta 19 soccorritori, più 5 aspiranti, oltre alla peculiarità medica, conta altre specializzazioni: ha una esperta compagine speleosub, forristi e disostruttori. Membro della stazione dal '78, capostazione dall'86 al '93 e tuttora componente, tra i fondatori dell'Associazione di esplorazioni geografiche 'La Venta’, speleologo di fama mondiale, Antonio 'Tono' De Vivo introduce la carrellata dei momenti salienti di Stazione. Scorrono foto di soccorsi, anche drammatici come a Refrontolo ad agosto 2014 o per il terremoto dell'Aquila, ma anche positivi, come sul Canin a Gronda Pipote; si torna indietro ad addestramenti in forra, sulla neve, sott'acqua, con gli elicotteri. E si chiude con la simpatia, rammentando la richiesta di aiuto di due cacciatori il cui cane, un bretone, era finito in una cavità fonda 10 metri sull'Altopiano di Asiago e di come, una volta calati, i soccorritori si fossero trovati ad essere spiati da un altro paio di occhi: quelli di un capriolo, anche lui riportato alla luce del sole assieme al cane. Il compleanno della Stazione è stato festeggiato al Centro di Documentazione Speleologica Francesco Dal Cin, sede del Gruppo Grotte Treviso, dedicata alla memoria del "Cin", tecnico della stazione dai primi anni della sua fondazione fino alla fine degli anni '90 e che per anni è stato una delle colonne portanti della speleologia veneta e del Soccorso speleologico italiano (nonché del rugby Tarvisium).

 

di Michela Canova

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